martedì 15 ottobre 2013

Flavor Residence 1


Strano nome per un residence, ma in fondo non peggio di altri nomi dati ad alberghi, pensioni o condomini. Io ci lavoro da pochi mesi, la notte, dalle 22 alle 8 di mattina, dietro il bancone della saletta di ingresso che funge anche da guardiola e parafulmine, protetto da un vetro come in certi uffici postali.   
Profumo Di Mare rientra per andare nel suo alloggio poco prima che io inizi il mio turno, dorme quando io sono sveglio e veglia quando io dormo, come la maggioranza delle persone del resto. Potremmo vivere in due nello stesso mini senza mai incontrarci, dimezzando le spese di affitto. Devo proporglielo una volta, ma prima devo scoprire cosa fa. Ci penserò con calma.
Mitezza, che pensa alle pulizie di tutti gli alloggi e mi racconta segreti e curiosità sugli inquilini, mi ha portato una busta che ha trovato nel cestino della carta straccia di Profumo, e dentro c’è un biglietto, con caratteri cinesi, mi pare. Ideogrammi, o cose simili. Io non ci capisco nulla, ma il biglietto è bello, in carta speciale, probabilmente carta di riso. Ci farei un quadretto, e farebbe la sua figura.
Mitezza mi piace,  ha una bella figura, minuta, seno piccolo, occhi grandi, tanti capelli neri ed una carnagione olivastra. Dice che è originaria delle Antille, di San Armatao, ma non ho trovato sull’atlante e neppure sull’enciclopedia Total quel posto, paese o isola che sia.
La cosa che mi piace di più di Mitezza è il suo culo, che parla una lingua che tutti conoscono, e che lei finge di ignorare, ma poi sorride e sa benissimo che appena mi gira le spalle la guardo. Devo trovare il coraggio di dirglielo, domani. Si, devo farlo.
Sono quasi le otto, sta per arrivare Quasiamodo, a darmi il cambio per il giorno, e resterà seduto al posto che ora occupo io quasi senza muoversi ininterrottamente per 14 ore. Si alza solo per andare in bagno, ogni 3 ore e mezza precise, oppure per distribuire la posta, quando arriva, attorno alle undici. Lui, lo so, ama spiare chiunque in qualunque situazione può raggiungere, ma senza faticare, solo usando le telecamere a circuito chiuso che sono installate praticamente in ogni locale, all’insaputa degli ospiti (anche se è un segreto di Pulcinella).
Chi non vuole farsi vedere sa benissimo come evitare l’occhio elettronico, i modi sono tanti, ma chi invece trova a sua volta diletto nel lasciarsi guardare, non si fa mancare le occasioni.
La prima notte confesso che mi sono messo a guardare, lasciandomi prima di tutto affascinare dalla coppia dell’appartamento Eden. Eva e Adamo camminavano nudi nelle loro stanze, ed era un piacere vederli, perché sono sicuramente una delle coppie più belle ed affiatate che io abbia mai visto. Poi, cambiando una telecamera dopo l’altra, dopo qualche stanza vuota o buia o con inquilini tranquillamente seduti sui divani a leggere o guardare la tv, sono arrivato nell’appartamento di Guardami, la signora esibizionista che poi ho scoperto  lavorare nel Sex Shop statale. Lei mi ha calamitato l’attenzione. Non racconto cosa ho visto, né le pose che ha assunto la signora, le lascio solo immaginare, ma era evidente che in qualche modo sapeva (una spia luminosa, un segnale qualsiasi?) che era osservata. Così ho fatto il giro di tutti gli alloggi, quella notte, curiosando le intimità che potevo raggiungere. L’alloggio di Lefou mi è parso il più strano, una specie di discarica, ma ordinata, con mobili ricavati da botti, scatoloni, pacchi di giornali e pneumatici, ma non ho visto il signor Auguste, in giro, anche se tutte le luci erano accese, anche in un ripostiglio.
Mi sono messo a guardare la prima notte, come ho scritto, ma non mi sono azzardato a farlo la volta dopo. Al mio arrivo al lavoro il secondo giorno, puntualissimo, Quasiamodo mi ha dato una lettera da parte dell’inquilino di un appartamento che la prima notte non ero riuscito a vedere, il N 15, perché quando schiacciavo il pulsante corrispondente lo schermo diventava nero.
Mentre il mio collega del giorno se ne stava ancora uscendo ho aperto la busta ed ho letto queste poche righe:

Gentile ficcanaso, se ti azzardi a spiarmi ancora o a curiosare negli affari miei o degli altri farai una brutta fine.
                                                                                  Unamico

Inutile dire  che per quella notte non mi azzardai ad accendere nessuna telecamera interna, ma solo quelle di sorveglianza esterna, ad intervalli regolari. Controllai per curiosità il nome dell’inquilino del N 15: Gigliolo Unamico. Tutto corrispondeva, e lasciai perdere, non volevo né problemi né perdere il posto. Salutai con un cenno chi passava per uscire o rientrare, ma senza farmi notare più del necessario. Non conoscevo ancora le persone che abitavano nel residence, e solo col tempo, poco a poco, avrei iniziato a capire meglio cosa potevo o non potevo fare. Era meglio tenere un profilo basso, insomma.

Circa dopo 15 giorni che lavoravo al turno di notte al Flavor, verso l’una, vidi rientrare la signora Guardami in compagnia di un giovanotto di almeno 10 anni più giovane. Lei indubbiamente è una bella signora, non saprei dire esattamente che età possa avere, e ogni volta che camminava davanti al bancone mi era impossibile non vederla come l’avevo vista la prima notte.
Non mi ero più azzardato ad accendere nessuna telecamera interna da quella volta, ma lei passando si avvicinò al vetro, allontanandosi un attimo dal suo accompagnatore, e mi sussurrò, a voce bassa:
- Non dia peso a quello che pensa Gigliolo, caro Mathias, a me non dispiace se lei fa il suo dovere e controlla quello che avviene nelle nostre stanze…- e si allontanò con un sorriso allusivo.
Io mi ero organizzato con un testo di semiologia botanica e lo stavo studiando, perché mi ero iscritto ad un master universitario a distanza sulle interazioni tra agricoltori e coltivazioni dal punto di vista psicologico, ma quella donna riuscì a togliermi la concentrazione. Neppure 10 minuti dopo, mentre tentavo ancora di guardare le righe del libro senza capire nulla di quello che scorrevo con gli occhi, Mister Big bussò al vetro, ed io sulle prima non me ne resi neppure conto.
Mister Big è un nano, forse il più ricco di tutti quelli che stanno nel residence. Io mi sono sempre chiesto come mai non si trovi una sistemazione più adatta alle sue condizioni ed al suo livello sociale, ma credo sia semplicemente perché raramente resta molto a lungo in un posto.
Mister Big bussò una seconda volta, io mi alzai, e finalmente lo vidi. Da seduto non scorgevo neppure la sua testa.
Mi fece cenno di uscire, ed io prontamente mi alzai e in un attimo fui accanto a lui.
- Dovrebbe venire nel mio appartamento, se non le spiace. Ho un piccolo problema…- e dopo avermi detto questo mi voltò le spalle e si allontanò, sparendo dietro la prima curva del corridoio principale di accesso.
Io chiusi a chiave la guardiola parafulmine e mi misi sulle sua tracce, trovando presto la porta del suo alloggio aperta. Entrai e…

Un senso di smarrimento di pochi attimi, e iniziai a vedere le cose da un metro o poco più dal pavimento. E, senza capire, iniziai a guardarmi. Non nel senso di guardarmi in uno specchio, o riflesso su qualche superficie riflettente, no. Iniziai a guardare io-Mathias mentre ero io-Mister Big. Sudore freddo, stupore, paura, non so descrivere quello che provai in modo lucido, ora. So solo che io non avevo più il mio corpo, e che stavo in quello del nano. Io-Mathias mi disse, con la voce di Mathias, di stare tranquillo nella stanza per un po’, mentre lui si dedicava ad una certa faccenda. E mi piantò lì senza aggiungere altro, chiudendosi a chiave nella stanza di fianco. Il tempo passò senza che mi rendessi conto di come avveniva, mi sembrava di sognare, pensavo al mare, a Mitezza, alla mia altezza, ricordavo una filastrocca imparata da piccolo: Monte montino, dammi un bacino. Monte montone, prendi un calcione. Monte mio bello, …
Io-Mathias mi ricomparve di fronte, mi disse che potevo tornare al mio posto, che non aveva più bisogno di me, e che mi ringraziava.
Passato l’uscio, riprovai la sensazione si straniamento provato prima, mi ritrovai di nuovo col mio corpo, tornai stordito nella mia guardiola, e, per il resto della notte, rimasi seduto con lo sguardo fisso davanti a me, quasi senza muovermi, neppure per salutare chi entrava o usciva, mi sentivo tutto indolenzito ma in modo piacevole. Solo molto più tardi, tornato a casa mia, spogliandomi per andare a letto, ormai alle dieci di mattina passate, trovai in tasca 5 biglietti di banca da 100 dollari, che sicuramente la sera prima non avevo.
                                                                                                   (continua qui)


                                                                                                                Silvano C.©


( La riproduzione è riservata. Ma non c'è nessun problema se si cita la fonte.  Grazie)

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