sabato 30 settembre 2017

c’eri (io, te e la retsina)




Lui viene ricoverato con urgenza per un malore molto grave, legato alla sua età ed alla sua storia clinica, e i medici non possono nulla per salvarlo. Quando i figli vanno dalla madre per portarla a vedere il marito, senza sapere che lui nel frattempo se ne è già andato, la trovano senza vita. Entrambi hanno deciso di finire quasi nello stesso momento per ritrovarsi, forse, in un altrove che ci è precluso, almeno per ora. (Notizia letta oggi su un giornale locale)

E così, dopo tanto tempo, ho mangiato moussaka e souvlaki, innaffiandoli con un bicchiere di retsina. Sai da quanto non combinavo assieme queste due pietanza col vino resinato dei nostri anni folli, e ne ho provato il desiderio, come quello di averti a fianco, o di fronte, come allora.
I desideri più realizzabili li ho resi realtà, per l’altro mi devo attrezzare, e non mi è per nulla facile. Le difficoltà sono sovrumane, direi sovrannaturali. Però c’eri. Non so spiegarlo a nessuno, ma c’eri, non ti ho mai permesso di andartene. 

Tu hai dovuto cedere, malgrado il tuo nome, ma quella malattia stronza non può dire di aver avuto l’ultima parola, non con me. Io la maledico ogni giorno, mi ci incazzo ancora come il primo momento, quello seguito all’immediato stupore, alla negazione e allo smarrimento. Non me la prendo con me, con te e con nessuno. La vita è assurda, e chi vive segue un percorso a volte impossibile da decifrare e da controllare. Ho smesso anche di invidiare chi momentaneamente cammina ancora sulle strade, come del resto faccio io. Non è colpa loro se ancora vivono; non ti hanno rubato nulla. I baratti di tempo pare che non siano possibili, anche se per un po’ ci ho pensato, ed era solo una fantasia consolatoria. Non esiste questa particolare banca del tempo.

Potrei continuare con parolacce per ore, ed imprecherei contro ogni cosa, contro cattiverie e piccoli o grossi sgarbi che hai subito, contro la mia inadeguatezza colpevole, contro chi non ti ha capita ed ancora vorrebbe scordarti. Nutro un rancore sordo contro il destino, ed invidio quella coppia che è partita per non so dove assieme, a suo modo graziata. Però tu mi hai passato il testimone, e devo portarlo sino alla fine della gara per lasciarlo solo dopo aver raggiunto il traguardo. Mi rimane un compito da portare a termine, un impegno ancora da onorare. E ci proverò, col mio pessimo carattere e le mie incertezze, con gli errori e le decisioni difficili. Nel frattempo farò anche altre cose, come ad esempio bere retsina.



                                                                        Silvano C.©  
 (La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

Finissage




Avvenne una sera, mentre si stava sedendo a tavola per cenare, da solo, come da molti anni gli capitava spesso.
Lei entrò e si accomodò al suo posto, aspettando il suo piatto. Lui la servì, senza pensare che non avrebbe dovuto accadere. Aveva cucinato una pietanza che lei amava molto, da sempre, e lei era tornata. Lui, al solito, finì la sua cena per primo ed iniziò a mettere via, mentre lei terminava con calma.
Alla fine si sedette di nuovo, ma stavolta sul divano. Nulla di nuovo, esattamente come tanti anni prima. Scambiarono anche poche parole, ma nessuna memorabile, nessuna che lui ora potrebbe ricordare come particolare.
Fu una sera normale, una normale serata in famiglia, fatta di sguardi, un po’ di televisione, qualche commento sul figlio e su una vacanza di anni prima.
Poi lei si alzò. Disse che era stanca, ed era ora di andare a dormire. Lui rimase seduto, solo.


Accettò l’invito e partecipò a quell’evento un po’ mondano. Pensò anche a come vestirsi, un paio di giorni prima, e ritrovò alcune giacche che avrebbero potuto andare. La più elegante, in un certo senso, la indossò il giorno antecedente l’evento solo per fare due passi in città, senza un vero motivo se non quello di capire quanto sarebbe stata adatta, se ci si trovava. Non era abituato a mettere giacche, solitamente, quindi sentiva il bisogno di una prova generale. Vide anche un’amica, mentre camminava, poi si stupì quando ebbe l’occasione di vedersi riflesso in uno specchio, per strada. In fondo non gli stava per nulla male.

Quando partecipò al finissage però indossò una giacca di cotone simile ad un maglione, non quella che aveva provato il giorno prima.
Dopo, alla degustazione di un notevole spumante riserva, riuscì quasi a scordare ed a divertirsi. L’alcol può aiutare, come gli spiegò il sommelier incaricato della presentazione di quelle importanti bollicine firmate, specialmente se bevuto prima di aver mangiato. L’alcol può aiutare a raggiungere una certa ebbrezza allegra e riportare così alla memoria altri momenti di anni prima, quando a raggiungere quell’allegria alcolica furono in due, in un paese lontano.
Ebbene sì, era successo, aveva avuto quella fortuna, ed ora la poteva ricordare con un sorriso e riportarla un po’. Lei non era andata via. 

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Quando leggo un libro che mi piace, al quale mi abituo poco a poco e che mi coinvolge sempre più con le sue vicende, vorrei che non finisse mai. Mi affeziono alle persone descritte, le immagino muoversi davanti a me, mi diventano vicine e non vorrei mai perderle. Capita a tutti, capita anche a me. Poi si arriva alla fine.


                                                                        Silvano C.©  
 (La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

giovedì 28 settembre 2017

casa tua




È casa tua, nostra, lo è stata sin dall’inizio e tale resterà sino alla fine, o quantomeno alla mia fine. Il resto conta molto poco. Dopo di me di questo sentimento non mi interessa che rimanga alcun ricordo. A quel punto finisca ogni cosa, ma non prima. Non intendo lasciare in eredità ciò che penso e credo e voglio. Magari altro, certamente, magari questo stesso appartamento che chiamo casa nostra, se possibile, ma non quanto vivo adesso. È vero che nessun oggetto è importante come una persona, che tutto quanto possiedo non vale la tua vita, o la mia, o la sua. Già il senso di possedere qualche cosa porta in sé un che di profondamente sbagliato, toglie agli altri e mette steccati, crea la proprietà privata, pone le basi della differenza e dell’ingiustizia. Eppure viviamo in questa società, e una modifica profonda che tocchi quest’aspetto mi sembra improbabile. Ma questa è una digressione, non è il tema che mi preme.
Tu non ci sei, non ci sei più. Ed allora io non riesco a smettere di cercare segni che mi possano conciliare con il mio bisogno della tua presenza. Metto in ordine senza esagerare. E così facendo recupero un vecchio copriletto di scarsa qualità che i miei mi portarono da utilizzare nel primo appartamento che affittai, quello dove ci ritrovammo a vivere assieme all’inizio. Quel copriletto lo avevo trasferito altrove e lasciato nel dimenticatoio per anni. Da alcuni mesi è tornato sul nostro letto, a riprodurre quell’emozione, quel senso di casa, quel bisogno di tenerti. Da allora dormire sul letto mi fa sentirti vicina, da perfetto idiota, come se un copriletto avesse questo potere magico. E vicina non solo nello spazio e nel tempo, ma in un spazio generico, esattamente quello, ed in quel tempo. Del resto cosa mi impedisce, ora, di cercarti dove mi fa più piacere, e mi procura anche dolore?
Credi che il dolore mi spaventi? Per nulla. Credi invece che lo cerchi? Neppure, ma mi ci trovo racchiuso. Tornando indietro a quando tu camminavi in casa, ci vivevi fisicamente, il dolore arriva come effetto collaterale. Lo controllo, per quanto posso, e se non posso lo accetto.
Ora qui ti ci porto a forza, e mi fai pensare che forse vorresti smettere di star male per colpa mia. A volte credo persino tu me lo voglia far capire. Ed io non smetto.
Ricordo una litigata con te per una mia strana gelosia. Una delle ultime discussioni con arrabbiatura reciproca, quando avevamo molte paure ma eravamo pieni di speranze. Non ero geloso di quella visita, e perché poi? No. Lo ero di chi mi rubava la tua presenza, mentre mi faceva piacere che tu vedessi altre persone. Credo che mi arrabbierei ancora oggi allo stesso modo, in questo non sono cambiato per nulla, né ho mutato idea.
Ed allora mi terrò, sino a quando non si dissolverà, il vecchio copriletto pieno di pelucchi che si attaccano a qualsiasi cosa. Quando vi appoggio sopra un maglione poi devo controllarlo, per non uscire pieno di piccole palline arancione. Ma non è un problema. Se ora ti capitasse di guardare il letto credo che sorrideresti, almeno un po’. E questo non dovrebbe farmi piacere?   


                                                                        Silvano C.©  
 (La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

mercoledì 27 settembre 2017

risvegliarsi dopo un sogno




Ancora non capisco nulla, non so dove vado, chi sono, cosa ho fatto e cosa devo ancora fare. Non capisco cosa vorrei fare, o cosa mi converrebbe fare. Non distinguo il giusto e lo sbagliato. Non ho la più pallida idea di dove stia la ragione e la giustizia su temi che un tempo trattavo con incosciente certezza, eppure devo andare avanti, comunque sia, perché il tempo mi fa vivere ora, qualunque decisione io prenda e dovunque sia diretto. Avevo una bussola, una vera bussola, non il semplice strumento con l’ago calamitato che si fa confondere da un qualsiasi ed imprevisto campo magnetico naturale o artificiale. L’avevo è l’ho perduta, forse per sempre, anzi, dovrei togliere il forse, sarebbe più logico.
A volte mi piacerebbe addormentarmi e navigare sul mare tranquillo, con te, cosa che non ho mai fatto perché non abbiamo mai posseduto una barca. Mi accontenterei allora di un altro viaggio, magari con una meta nuova, o ancora meglio senza una meta, utile solo a distrarre dal vero ed unico motivo. 

Questi momenti arrivano, restano, poi se ne vanno senza una spiegazione o un apparente perché. A volte durano più di un momento. Possono restare ore, giorni, mesi o anche anni. E poi se ne sono sempre andati, sino ad oggi, secondo la mia esperienza.
Come dici? Che dovrei lasciar perdere e andare avanti sul serio, non pensarlo soltanto, che poi la direzione si aggiusta andando, che non devo aver fretta ma che non devo neppure rinchiudermi? 
Già. Io però vorrei sognarti almeno, almeno quello. Tutto il resto mi interessa meno, a parte una cosa sola, ovviamente. La stessa che interessava a te. Esattamente la stessa. Il resto conta veramente molto poco. Per quanto grande sia rimane nulla, proprio come me. 
Vorrei tornare a sognare, e non svegliarmi tanto presto.


                                                                        Silvano C.©  
 (La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

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