venerdì 8 settembre 2017

devo




Parte prima, scritta stanotte, in un momento di evidente crisi
Devo, voglio, mi fa piacere farlo e mi fa male. Non so smettere ed intanto il tempo cambia, passa, fa il suo lavoro. Posso ancora pensare a meno di un anno fa, questo per qualche mese mi è concesso, e poi basta. Dopo si sarà formato uno strato di cenere come quello che ha soffocato Pompei ed Ercolano. In realtà anche le date sono solo una convenzione se si intendono rigidamente, e non sono le settimane in più o in meno a fare differenza, in questo caso. Non ho bisogno di documenti, non devo certificare nulla, non mi serve altro che mantenere la memoria.
Quante volte avrei preferito egoisticamente scordare ogni cosa, me ne vergogno ma l’ho pensato. E non sarebbe stato giusto né corretto se fosse successo.
Ogni immagine, ogni ricordo, ogni singolo appiglio; non mi sembrano neppure veri, risultano insopportabili quando li realizzo per quello che sono, e devo subito reagire, porre un freno alle lacrime inutili, perché non cambiano assolutamente nulla. Sarebbero un dolore felice altrimenti, avrebbero un senso, non così.

Parte seconda, scritta durante il giorno, dopo che lei è intervenuta. Io mi presto come strumento, o così immagino.
Non so che dirti ormai. Non posso ammettere che vorrei essere scordata, questo no, ma non voglio neppure che questo tuo malessere si trascinasse oltre un limite fisiologico accettabile, doloroso ma comprensibile. Se ancora ne avessi avuto bisogno ho la conferma che non sbagliai quando ti individuai e ti scelsi, perché fui io a farlo, lo hai capito. Ti ho criticato e sai quanto, mi hai delusa su alcune cose non secondarie, e non serve ora rivangarlo, ma ora basta. So che non ascolterai, non seguirai il mio consiglio, ma te lo voglio dare, o ripetere. Vai avanti. Hai motivazioni più che importanti, devi realizzare anche quello che interessa(va) a me, tu questo solo mi devi, ora. Il resto è tua fantasia, è autocolpevolizzazione stupida senza sbocco, è somatizzazione da superare. Non ti voglio infelice, ed alla fine devi uscirne. Ti sei messo volutamente in una specie di vicolo cieco, e se vuoi continuare con questa metafora ti comunico che nessun vicolo cieco è senza uscita. Certamente vi si affacciano porte o aperture di tipo diverso. Tu suona a qualche campanello, bussa a qualche porta. Troverai chi già conosci, o anche chi ancora non conosci. Quella è l’uscita dal vicolo. E sorridi.

                                                                        Silvano C.©  
 (La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

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